L’inquinamento atmosferico non danneggia solo i polmoni. Ci sono particolato e sostanze chimiche nell’aria (polveri sottili) dietro molti fastidi agli occhi.

La scarsa qualità dell’aria nelle nostre città, accentuata dai lunghi periodi di siccità invernali conseguenti, probabilmente, ai cambiamenti climatici in corso, ha sollevato un grande e giustificato allarme sulle sue conseguenze per la salute.

Problemi respiratori, malattie cardiovascolari, cancro ai polmoni e una minore aspettativa di vita sono gli effetti universalmente riconosciuti e confermati dal rapporto 2015 dell’Agenzia Europea per l’Ambiente sulla qualità dell’aria in Europa.

 
Gli effetti trascurati sugli occhi

Di fronte a patologie anche molto gravi passa facilmente in secondo piano il danno che l’inquinamento atmosferico arreca agli occhi.

Ad essere incriminate sono le “polveri sottili”, particelle microscopiche presenti nell’aria, di diametro inferiore a 10 millesimi di millimetro (più precisamente classificate in PM10 – particolato formato da particelle con diametro < 10 µm, PM2.5 – particolato fine con diametro < 2.5 µm, PM0.1 – particolato ultrafine con diametro < 0.1 µm), costituite da una miscela di elementi quali carbonio, piombo, nichel, nitrati, solfati, composti organici, frammenti di suolo, che costituiscono causa di irritazione per gli occhi e di potenziale sviluppo di allergie verso altre sostanze, come i pollini.

Gli effetti delle particelle sospese diventano più chiari se si pensa che, ad esempio, il biossido di zolfo nell’aria rende più acido il film lacrimale, la pellicola trasparente e fluida da cui sono rivestite le strutture esterne dell’occhio e la parete interna della palpebra e che costituisce una difesa dalle infezioni batteriche esterne, lubrifica la cornea, “nutre” la sua superficie.

Uno studio recente ha stimato che nel 2014 a Delhi (fra le città che registrano la peggiore qualità dell’aria al mondo) più di 30.000 persone hanno presentato infezioni della cornea per via dell’inquinamento atmosferico e dell’aumento del particolato sospeso.

 
Le conseguenze sugli occhi a lungo termine

Le conseguenze più dannose sono costituite non tanto dal fastidio momentaneo (senso di bruciore, arrossamento), quanto dai possibili esiti a lungo termine.
Oltre a facilitare lo sviluppo di allergie, infatti, l’inquinamento atmosferico favorisce l’insorgere della “sindrome dell’occhio secco”, che si manifesta quando non viene più prodotta la giusta quantità di lacrime, con il risultato che si ha bruciore, prurito, sensazione pressoché costante di sabbia o corpi estranei all’interno dell’occhio.
È una patologia fastidiosa che si cronicizza e, se non trattata, ha impatto sulla qualità della visione e della vita in genere, aumentando il rischio di infezioni e arrivando anche a causare agli occhi danni permanenti.

 
Come proteggersi

Le raccomandazioni comunemente diffuse per evitare i danni respiratori e cardiovascolari da inquinamento, dunque, costituiscono una buona pratica anche per proteggere i propri occhi, soprattutto per i bambini, gli anziani e coloro che già manifestano una particolare sensibilità: evitare esposizioni prolungate all’aria aperta nelle ore di massima concentrazione dello smog, passeggiare solo in aree verdi e meno inquinate, ventilare l’ambiente domestico durante la notte, scegliere, per i propri bambini, passeggini che siano più in alto dei tubi di scappamento delle auto e portare i più piccoli in uno zaino o in un marsupio, in modo da tenerli il più lontano possibile dalle polveri, che tendono a ristagnare in basso.

Alle misure di prevenzione generali è bene aggiungerne di specifiche per la protezione degli occhi:
– assicurare un’adeguata idratazione del corpo, bevendo a sufficienza
– indossare occhiali da sole o di protezione
– evitare di fumare
– aumentare il livello di umidità degli ambienti interni di vita e di lavoro.

Se i sintomi di secchezza e di irritazione agli occhi si manifestano con ricorrenza, è il caso di fare visita al proprio oculista, che saprà suggerire gli accorgimenti e il trattamento opportuni per evitare il cronicizzarsi delle manifestazione e l’insorgere di conseguenze più gravi.